I settori ad alto contenuto tecnologico richiedono un utilizzo massiccio di materie prime, tra queste emergono le "terre rare".
La tendenza e l'orientamento degli investimenti sono puntati sui siti di risorse minerarie delle terre rare.
Le terre rare, scoperte nel lontano 1787 nel villaggio svedese di Ytterby e denominate così dall’Unione Internazionale di Chimica Pura e Applicata (IUPAC), sono un gruppo di 17 elementi chimici della tavola periodica fondamentali per lo sviluppo tecnologico ed elettronico globale.
L’attuale decennio vedrà il continente nero come il principale campo di battaglia per il controllo delle terre rare.
Tuttavia, il controllo delle miniere e degli hub strategici dell’Africa sarà uno dei punti fondamentali nella corsa alle terre rare, oggi più che mai le risorse maggiormente desiderate al fine di raggiungere gli obiettivi ambientali e della transizione energetica (Agenda 2030).
Alla fine degli anni ’90, il Presidente cinese Xi Jinping fece un paragone tanto importante quanto irrealistico (apparentemente), dichiarando come il Medio Oriente avesse il petrolio, mentre la Cina avesse le terre rare.
Il tema principale delle terre rare è sempre stato il monopolio industriale di Pechino che controlla più del 60% della produzione globale di questi elementi.
Neodimio, terbio, gadolinio e altri: elementi poco conosciuti, ma indispensabili per il funzionamento dei nostri telefonini.
lantanio (La), cerio (Ce), praseodimio (Pr), neodimio (Nd ), prometio (Pm), samario (Sm), europio (Eu), gadolinio (Gd), terbio (Tb), disprosio (Dy), olmio (Ho), erbio (Er), tulio (Tm), itterbio (Yb) e lutezio (Lu), più scandio (Sc), e ittrio (Y) .
L'aumento esponenziale della domanda globale di telefonini e di altri dispositivi elettronici ha accresciuto la ricerca spasmodica delle terre rare.
La Cina ha ridotto l’export, la Groenlandia ha bloccato un maxi progetto minerario per via dei rischi ambientali connessi, mentre la NASA ha ipotizzato di andare a cercarli sulla Luna o sui meteoriti.
Dopo la Luna, gli asteroidi sono diventati il principale oggetto di interesse per l'estrazione delle terre rare.
Negli ultimi anni, la corsa alle terre rare si è concentrata nel continente africano, da sempre rigoglioso e pieno di risorse, specialmente lungo le coste occidentali e orientali meridionali.
Le superpotenze più attive in tal senso sono la Cina, principalmente nell’ambito della Belt and Road Initiative, e la Russia.
Molte volte l'instabilità e la crisi continua dei Governi Africani locali viene determinata dalle strategie di dominio delle superpotenze per l'intercettazione dei siti di queste risorse preziose.
Gli Obiettivi per lo Sviluppo danno seguito ai risultati degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals) che li hanno preceduti, e rappresentano obiettivi comuni su un insieme di questioni importanti per lo sviluppo: la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame e il contrasto al cambiamento climatico, per citarne solo alcuni. ‘Obiettivi comuni’ significa che essi riguardano tutti i Paesi e tutti gli individui: nessuno ne è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino necessario per portare il mondo sulla strada della sostenibilità.
È un quadro strategico per la trasformazione socio-economica del continente africano nei prossimi 50 anni. L’Agenda si basa su iniziative presenti e passate, come il NEPAD (partenariato sviluppo Africa) e i trattati nigeriani di Lagos e Abuja dell’ECOWAS e dell’AEC, e sui fondamenti dell’Unione Africana, che hanno fornito le aspirazioni generali per “un ‘Africa integrata, prospera e pacifica, guidata dai suoi stessi cittadini e che rappresenta una forza dinamica nell’arena internazionale”
Le 7 sette aspirazioni, ricavate attraverso un processo consultivo con il “cittadino africano”, sono:
Il cittadino africano è dunque il target dell’Agenda che in cinquant’anni si è ripromessa di cambiare totalmente l’Africa attuale, superando la frammentazione radicale del Continente. Il passaggio da frammentazione a integrazione verrà risolto, secondo l’Agenda, con la creazione del Cittadino Africano tramite uno dei progetti che forse rappresenta al meglio il quadro strategico, ovvero l’apertura delle frontiere tra i 55 Stati e l’introduzione di un Passaporto dell’Unione Africana (AU).
Gli obiettivi
(1) Un elevato standard di vita, qualità della vita e benessere per tutti i cittadini;
(2) Elevata istruzione per tutti e rivoluzione delle competenze attraverso la scienza, la tecnologia e l’innovazione;
(3) Cittadini sani e ben nutriti;
(4) Economie trasformate;
(5) Agricoltura moderna per aumentare produttività e produzione;
(6) Economia blu / oceanica per una crescita economica accelerata;
(7) Economie e comunità ecologicamente sostenibili e resistenti al clima;
(8) Unione federale e confederale degli Stati;
(9) Realizzazione di istituzioni finanziarie e monetarie continentali funzionali;
(10) Infrastruttura di classe mondiale per tutta l’Africa;
(11) Radicalizzazione dei valori democratici, pratiche, principi universali di diritti umani, giustizia e stato di diritto;
(12) Istituzioni capaci e leadership trasformativa in atto;
(13) Preservare sicurezza e stabilità;
(14) Un’Africa stabile e pacifica;
(15) Un’ APSA (acronimo per African Peace and Security Architecture, ndr) pienamente funzionale e operativo;
(16) Preminenza del Rinascimento culturale africano;
(17) Piena uguaglianza di genere in tutte le sfere della vita;
(18) Giovani e bambini coinvolti e responsabilizzati;
(19) L’Africa come partner principale negli affari globali e nella coesistenza pacifica;
(20) L’Africa si assume la piena responsabilità del finanziamento del suo sviluppo.
Secondo lo statunitense Center for Global Studies, l’Agenda 2063 si distingue per il suo “approccio dal basso verso l’alto”, dimostrando la volontà del Continente africano di distaccarsi dai dettami delle organizzazioni internazionali che decidono “chi e quando” per consentire agli africani “di avere voce in ciò che vogliono” e di conferire la propria azione ai propri accadimenti.
L’Agenda ha “evidenti” e inevitabili implicazioni nei progressi politici, economici e sociali che dividono gli studiosi del Continente: se alcuni sono convinti che nei prossimi 50 anni molti paesi africani “possano diventare attori mondiali”, protagonisti negli “affari internazionali”, altri ricercatori dubitano della capacità del continente di superare la debolezza della governance, l’instabilità politica e la conseguente insicurezza. Esiste tuttavia una terza corrente di pensiero che propende per “un risveglio dell’Africa” che potrebbe comportare “significative implicazioni per il mondo”.
Oluwaseun Tella, ricercatore dell’Istituite for Pan- Africa dell’Università di Johannesburg, indicando le aspirazioni 3, 4 e 5, suggerisce che “l’Unione Africana “potrebbe essere la prima Unione a diventare una forza attiva nel soft power internazionale in grado di influenzare gli altri attori attraverso il fascino insito nei suoi valori e cultura”. Tuttavia conclude il Centro Studi “né gli studiosi dubbiosi né i ricercatori ottimisti possono rivendicare le loro proiezioni come reali fino alla fine del cinquantennio”.
Nel maggio 2013, in occasione del cinquantesimo anniversario della nascita dell’Oua — l’Organizzazione dell’unità africana, nata il 25 maggio del 1963 e che poi nel 2002 divenne Unione africana (Ua) — i capi di Stato e di governo di questo grande continente firmarono una dichiarazione solenne nella quale enunciarono le basi per una strategia finalizzata alla trasformazione socio-economica del continente africano nei prossimi 50 anni a venire. Si intendeva così riorientare e ridefinire l’ordine del giorno passando dalle istanze dell’Oua — che prevedevano il passaggio dalla lotta contro l’apartheid e il colonialismo al conseguimento dell’indipendenza politica per Paesi africani — a quelle dell’Ua che non potevano prescindere dalle sfide poste dal nuovo millennio.
Ecco che allora l’Agenda 2063, adottata ufficialmente il 31 gennaio 2015 in occasione della 24° Assemblea ordinaria dei Capi di Stato e di governo della Ua ad Addis Abeba, rappresenta quel documento programmatico per tracciare una nuova rotta, dunque orientare la trasformazione socio-economica del continente africano, guardando al futuro.
L’Agenda si basa su iniziative presenti e passate, come il Nepad (The New Partnership for Africa’s Development) e i trattati di Lagos (1975) e Abuja (1991), rispettivamente dell’Ecowas (Economic Community of West African States) e dell’Aec (African Economic Community), e sui fondamenti dell’Unione africana che hanno fornito le aspirazioni generali per «un’Africa integrata, prospera e pacifica, guidata dai suoi stessi cittadini e che rappresenta una forza dinamica nell’arena internazionale».
L’Earth Security Group, un partner strategico della DSC, si occupa di identificare nuovi modi in cui il settore privato può collaborare con i governi e la società civile per prevenire crisi legate alle risorse e promuovere una crescita sostenibile. Ha inoltre sviluppato il concetto di diplomazia degli affari per lo sviluppo sostenibile.
«L’opinione pubblica è sempre più attenta all’impatto che le imprese globali hanno sulle risorse e sui diritti umani nei Paesi in via di sviluppo. E le imprese si stanno rendendo conto che è fondamentale agire in modo sostenibile per ottenere un’accettazione sociale»
In un recente sondaggio di McKinsey, entro il 2026, il 50% del fatturato delle loro aziende verrà da beni, servizi o attività che ancora non esistono, provenienti dai nuovi mercati emergenti del III millennio.
In un mondo veloce, l’avvenire è sempre più vicino ed appartiene a chi sa anticiparlo.
Per la diplomazia di oggi, dunque, la vera sfida non è l’efficienza, ma l’innovazione e l'adattamento continuo al cambiamento.
Avere una visione creativa, intuitiva, innovativa accompagnato anche da un un atteggiamento propositivo del futuro (e privo di dubbi, paure e timori) potrebbe determinare la chiave di svolta per un processo di adattamento sistemico ed incrementale.
Il 2022 è iniziato con un cambio di passo al Ministero degli Esteri: prima il lancio della nuova Direzione Generale per la diplomazia Pubblica e Culturale; poi l’istituzione di una Commissione per lo sviluppo professionale e motivazionale dei diplomatici e, subito dopo, l’emanazione della Circolare 1/2022 sui nuovi metodi di lavoro.
Il documento si apre con la parola adattare, e parla di organizzazione flessibile e trasversale, progettualità e decentramento decisionale, capacità propositiva e innovativa delle persone.
Non semplici ritocchi organizzativi, perciò, ma un intervento di smart governance che concepisce l’innovazione come attitudine comportamentale.
Bisogna uscire (presto) dalla comfort zone, per affrontare le sfide emergenti ad altissima complessità.
In pratica, occorre diventare più agili e reattivi per andare più veloci del cambiamento stesso.
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